Filosofia e calcio sono due entità apparentemente senza punti di contatto ma che invece hanno saputo, negli anni, legarsi soprattutto grazie al contributo di cronisti e autori vari. Senza dimenticare l’aforisma di Sartre «il calcio come metafora di vita», solitamente si sente parlare di filosofia in relazione a modi di allenare e ad attitudine messa in campo. Ma se usassimo la logica e il ragionamento del pensiero filosofico per provare, almeno idealmente, a modificare ciò che nel gioco del calcio non sta funzionando, a partire magari dalle sue regole, per cambiare proprio il modo di giocare dei suoi interpreti?
Rodri, fresco vincitore del Pallone d’oro, ha puntato il dito contro un calendario di partite sempre più fitto. Troppi impegni, troppo poco tempo per recuperare fisicamente. Ironia della sorte, a distanza di qualche giorno da quella conferenza stampa, lui stesso si è infortunato gravemente ai legamenti del ginocchio destro (concludendo anzitempo la stagione) e, ahilui, dimostrando sulla sua stessa pelle – e su quella di altri calciatori, infortunatisi ultimamente in maniera simile – che forse le sue parole non erano del tutto campate in aria. La questione del carico lavorativo sembra quindi essere il problema principale. Nel mondo del lavoro, per evitare che il carico di lavoro diventi eccessivo e possa portare al burnout, si dovrebbero monitorare costantemente compiti e responsabilità e favorire una comunicazione aperta ed efficace, feedback compresi. Per evitare l’insorgere di problemi futuri, ha quindi senso cercare soluzioni preventive. Soprattutto quando ci sono anche evidenze scientifiche, oltre che filosofiche, a sostenere la tesi dibattuta.
Nello studio del 2023 condotto da F. Aiello, F.Impellizzeri et al. intitolato Injury-Inciting Activities in Male and Female Football Players: A Systematic Review (Sports Med, 2023 gen, 53(1)), sono state indagate le attività specifiche di diversi sport svolte al momento dell’infortunio, per ipotizzarne i meccanismi e sviluppare strategie di gestione e prevenzione. Nel calcio, in particolare, sembra che le fasi più concitate di una partita, in particolare gli scontri fisici tra avversari e il pressing – il cercare di contrastare, stancare e respingere il gioco dell’altra squadra – portino proprio alle lesioni dei legamenti del crociato anteriore nominate prima. Ragion per cui, cambiare la filosofia del calcio di oggi, fatto molto atletismo e di tanto pressing, potrebbe essere la soluzione per ridurre gli infortuni ai legamenti. Per cominciare, via qualche regola vetusta e via qualche partita di troppo. Si potrebbe davvero, giocando diversamente, diminuire il workload, quindi l’usura fisica e la quota-infortuni? Può darsi. Se una delle cause è davvero uno stile di gioco impostato sul contatto fisico e sul movimento laterale delle ginocchia, un modo di gestire la partita diverso potrebbe, in questo senso, aiutare.
Con un uso pratico della filosofia teorica si potrebbe provare a riscrivere l’evoluzione del calcio, non più nello stile di gioco o nell’attitudine in campo, ma proprio nell’impostazione di base. Perché cambiare le regole del gioco significa anche cambiare proprio la tipologia del gioco stesso. Parola di Ludwig Wittgenstein. Tra l’altro, sembra che il filosofo austriaco, tra i massimi pensatori del secolo scorso – nonché raffinato logico – abbia avuto un’illuminazione di incredibile importanza per lo sviluppo del suo pensiero proprio assistendo a una partita di calcio a Cambridge. La teoria dei giochi linguistici, elaborata da Wittgenstein nel 1953 nelle Ricerche filosofiche, vede il linguaggio come lo specchio del mondo, trasformando il suo carattere denotativo in uno dei tanti, infiniti, giochi linguistici possibili.
Saper creare nuovi linguaggi significa, perciò, saper creare forme di vita nuove di zecca. E solamente con il loro uso continuo, possiamo scoprire i tanti significati diversi che li contraddistinguono. Proprio grazie all’uso continuo di diverse parole, si diventa, infine, più abili sia nell’usare che nel capire non solo le proprie ma anche quelle degli altri. A beneficiarne, quindi, è anche il pensiero, in grado di diventare sempre più chiaro e lineare. Il linguaggio, dice Wittgenstein, ha tutte le caratteristiche del gioco, regole comprese. Le quali, per forza di cose, non sono piovute dal cielo, ma anzi sono immanenti nel gioco stesso e non si applicano a nient’altro se non a quel determinato tipo di gioco. Cambiate le regole, saremmo anche in grado di cambiare il tipo di gioco.
Per tale motivo, ad esempio: non più novanta minuti da giocare, ma meno, magari settanta o ottanta. Addio al fuorigioco così come lo conosciamo, per far spazio a una regola in grado di segnalare la posizione errata del calciatore solo quando veramente in grado di dare lui un vantaggio di almeno un metro. Meno partite e meno squadre partecipanti per competizione. La famosa logica tautologica di Wittgenstein potrebbe sostenere questo folle piano.
NOTE
[Photocredit Joshua Kettle via Unsplash]