Per la filosofia greca in particolare, la natura è quel tutto del quale si fa parte in un movimento armonico del logos. Il logos in quanto legame che tutto lega, è quindi comunicazione, che consente a un tutto dinamico di realizzarsi nella differenza.
Questi aspetti che derivano dalla filosofia antica stimolano una visione della relazionalità come piena realizzazione di ogni cosa nella relazione e di una pratica capace di essere tessitura di legami e composizione di armonie.
A questo proposito lo stesso Platone nelle Leggi, sottolinea che il riconoscimento tra il medico e il paziente è necessario per l’istituzione della relazione di cura: in questo caso il medico Erissimaco consiglia di “non bere troppo”, ma l’indicazione non è sufficiente se non è correlata al consenso del paziente, che è chiamato a scegliere liberamente.
Ancora le Leggi in merito alla differenza tra medici liberi e medici schiavi (Leggi, IV 720 c-e) : «il medico schiavo, dopo aver prescritto in base all’esperienza ciò che gli sembra opportuno, di corsa se ne va da un altro schiavo malato e così allevia al padrone la cura dei malati; il medico libero, invece, generalmente cura e indaga le malattie dei malati liberi e, studiandole dal principio secondo la loro natura e dialogando con il malato e suoi cari, impara qualcosa egli stesso dei malati e nel contempo impartisce nozioni all’infermo per quanto gli è possibile e non dà alcuna prescrizione prima di averlo convinto: solo allora, rassicurando il malato tramite la persuasione e un’assidua preparazione, cerca di restituirlo alla perfetta salute».
Nella descrizione platonica emerge la figura di un medico, che deve avere il tempo di dialogare con il paziente, per convincerlo della bontà della cura e per suggerirgli un sano stile di vita. Solo così potrà essere in grado sia di curare il malato, che di imparare dallo stesso assistito, vivendo quindi la professione anche come un’occasione di trasformazione di sé. Questo invito ai professionisti della cura può derivare dalle stesse pratiche filosofiche.
La relazione quindi, essendo bidirezionale, connette le due parti in un sistema di richiami reciproci, pur mantenendo le differenze: il medico e il paziente si trovano così a far parte, assieme, di un sistema di cura. L’elemento curativo sta nella relazione stessa, relazione che ricongiunge ciò che è stato diviso dal pensiero individualistico. Il desiderio di cura è ciò che permette alle parti di incontrarsi, in quello spazio che tutela la loro reciproca libertà. È quindi necessario riconoscersi nella propria finitezza, che emerge come espressione di un desiderio di relazione, che trova appagamento nella consapevolezza di far parte di un organico, dove ogni parte è necessaria.
La medicina come pratica di cura e l’oggetto del suo operare possono trovare riscontro in questioni che individuano nell’esperienza del curare e dell’essere curato il proprio orizzonte di riferimento. Può essere intesa quindi come una pratica indirizzata in un contesto collettivo, pratica dialogica, in cui i partecipanti possono beneficiare del contributo dell’altro per sviluppare e condividere esperienze e problematiche comuni.
Quindi nonostante le grandi innovazioni tecnologiche e le importanti scoperte scientifiche, oggi un medico non può prescindere da una vocazione umanistica, attenta alle forme assunte dalle sue parole, all’interno di un orizzonte antropologico ed epistemologico proprio di ogni terapia, nel suo specifico contesto. Con l’umanizzazione della medicina quindi, come sottolinea anche Eugenio Borgna, non si può non seguire questo comune cammino di conoscenza e di aiuto relazionale, perché non vi è una cura possibile se non, nel contesto di una relazione interpersonale, che «rimette ogni volta in discussione il modo di sentire, di vivere, di chi cura e di chi è curato»: entrambi chiamati a costituire un comune destino, nel quale ritrovare un senso comune e inserire una terapia in grado di arginare il dolore. Solo attraverso questo incontro, quindi, la persona è realmente in grado di unirsi al destino dell’altro.
Il medico dovrebbe dimostrare alla persona malata che il tempo a lui dedicato è espressione di una sincera attenzione che nasce dalle ragioni del cuore, per stimolare, in chi sta male, risonanze emozionali positive che a loro volta aiutano a rendere meno difficile l’esperienza della malattia.
Analizzare quindi il rapporto tra il medico e il paziente è importante per capire se il medico sa realmente comunicare. Dall’altro lato invece, se ci chiediamo di cosa parlano i pazienti quando chiedono aiuto al loro medico, questi non si riferiscono solamente alla loro malattia ma anche alle loro preoccupazioni e alle loro speranze infrante, che rappresentano modi di essere e di vivere, segni di una condizione umana ferita dalla sofferenza. Segni che vengono riconosciuti nel momento in cui nasce una comunicazione efficace tra il medico e paziente, che si serve delle varie tipologie di linguaggio del corpo.
Nel caso della malattia cronica, in particolare, occorre attuare un intervento che utilizza tutti gli strumenti di questa relazione, declinati in base alle caratteristiche individuali della persona che spesso ha una sua storia di dolore; importante diventa in questo caso l’accettazione del limite di un dolore “che non se ne va”, il ridimensionamento delle attese, di miglioramento dello stato fisico, e la programmazione di atteggiamenti attivi contro il progredire della malattia. Il medico quando ha a che fare con la cura di una malattia cronica, infatti, non può non cogliere in questa cronicità una vera e propria sfida, che lo sottrae al richiamo del presente e lo confronta con il futuro. Appare evidente quindi che con la cronicità viene a costituirsi una diversa forma di relazione tra il paziente e il medico, in particolare viene meno la fiducia nel medico e nella vita stessa; ma solo attraverso un’apertura il modo di essere e di curare del medico cambia completamente.
Il tipo di medico che emerge dall’opera di Platone, può essere descritto con la figura del ‘medico filosofo’, che nella cura del corpo e dell’anima cura comunicando con il malato, analizzando il suo corpo e ogni parte insieme alle altre, in una visione relazionale della persona. Come nel Carmide (155e2-157c6): «Caro Carmide, dicono ancora che è un’assurdità pensare di curare la testa per se stessa senza tenere conto dell’intero corpo»; la natura emerge come giusta proporzione nello stato di salute, quindi la natura come logos e il medico come filosofo, come massimo conoscitore del logos, istituiscono i legami relazionali che conducono alla salute. In Platone, la parola curatrice, in questo caso, emerge come la parola bella e vera; verità che trova manifestazione nella parola che ascolta e cura perché capace di chiarire le relazioni tra le parti, producendo l’armonia che dona salute.
Per questo motivo ricercare una qualità della relazione nella cura significa anche riscoprire la filosofia insita nella professione medica stessa.
Martina Basciano
Martina Basciano, nata a Conegliano il 7 giugno 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico della comunicazione opzione sociale al Collegio Immacolata di Conegliano, dove ha acquisito buone competenze di tipo relazionale, che le hanno permesso di formare la sua persona e di sviluppare la sua sensibilità verso il prossimo attraverso diverse esperienze di volontariato. Tramite la scuola nel marzo 2010 vince il concorso di scrittura promosso dall’associazione “Passione e vita”, mentre nel maggio 2011 partecipa al concorso di scrittura europeo “Famiglia fondamento della società in Europa e nel mondo”, promosso dall’associazione “Movimento per la vita” vincendo il primo premio. Si iscrive alla triennale in Filosofia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia; dove ha maturato un forte interesse per l’Etica di fine vita e la Bioetica, sviluppatosi soprattutto dopo la scomparsa della madre nel 2016, alla quale è stata dedicata l’Associazione benefica di promozione sociale “Il sorriso di Cristina”. A partire da quest’anno quindi, viene nominata consigliere dell’associazione, che opera nel territorio, con lo scopo di aiutare tutte le persone che si trovano in difficoltà.
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