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Risorgere con e per lo sport: la scuola delle Olimpiadi

L’Agosto 2016 verrà ricordato come l’anno delle Olimpiadi di Rio de Janeiro, l’anno delle conferme, dei successi e degli insuccessi, delle delusioni e delle scoperte.

Quello delle Olimpiadi è da sempre un evento che coinvolge tutti, chi più chi meno, sia per la passione nei confronti dello sport, sia per la venerazione nei confronti di uno sportivo sia per mera curiosità; è la conferma che lo sport unisce, appassiona ed ha la capacità di salvare.

Vorrei soffermarmi proprio su questa ultima capacità dello sport, cioè quella di salvare vite umane, dal baratro, dalla strada o dalla disperazione.

Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di suscitare emozioni. Ha il potere di ricongiungere le persone come poche altre cose. Ha il potere di risvegliare la speranza dove prima c’era solo disperazione.

Nelson Mandela

La nostra epoca è caratterizzata da una presenza importante dello sport da diventare quasi una religione universale, riconosciuta e compresa da tutti; lo sport di oggi, però, è quello costretto al successo ad ogni costo, al raggiungimento dell’apice in cui tutti ti acclamano e ti venerano, alla caduta nel baratro dell’ignoto o dell’indifferenza non appena sopraggiunge un insuccesso.

Ecco che allora il gioco cede posto al risultato, il sacrificio viene superato dall’immagine e il perché e il come si sia arrivati ad essere un campione olimpico cedono il posto al becero gossip. Non importano più la competizione sana o i valori che lo sport da sempre vuole trasmettere, perché tutto si basa su ciò che il campione diventa e/o fa in seguito: pubblicità, moda, televisione o cinema, tutto ruota attorno alla figura dello sportivo famoso che fa carriera nel mondo dello spettacolo e non importa più chi è realmente e cosa ha sacrificato per arrivare fino a là.

Perché Michael Phelps è lo sportivo che più ha vinto nella storia?

Come ha fatto Anthony Ervin a vincere l’oro nei 50 stile a 35 anni?

Loro due, ma come moltissimi altri atleti di queste olimpiadi, hanno fatto dello sport la loro àncora di salvezza.

phelps168Phelps cresce senza un padre, gli viene diagnosticato il disturbo di iperattività e deficit dell’attenzione e per questo gli viene consigliato di concentrarsi su uno sport e su spinta di una delle sorelle (nuotatrice) comincia a praticare il nuoto senza alcun tipo di passione. A 14 la prima competizione nazionale e da allora il resto è storia ben nota.

 

 

Erv589029718-3696in a 19 anni oro olimpico a Sidney sempre nei 50 stile, si ritira dal nuoto dopo tre anni perché soffocato dalla pressione del successo e della celebrità; da quel momento depressione, tentato suicidio per avere ingerito una quantità di medicinali superiore a quella prescritta, cocaina, abuso di alcol: il nuoto era ormai un lontano ricordo. Si trasferisce a New York dove si improvvisa tatuatore. Nel 2007 un amico lo convince a riavvicinarsi all’acqua: la passione non era mai svanita ma solo sopita dalla disperazione. Ricomincia ad allenarsi, a Londra arriva quinto, a Rio, a 35 anni, dopo 16 anni da Sidney, torna ad essere l’uomo più veloce del mondo in acqua.

Due storie diverse, di campioni che si sono affermati con fatica, con il sudore della loro fronte e la forza di volontà di uscire dalle loro condizioni precarie.

Michael e Anthony sono solo due degli esempi di come lo sport possa riportare l’essere umano in superficie, perché è in grado di smuovere persone, idee e pensieri, facendo parte della natura stessa dell’uomo.

Lo sport è ciò che consente all’uomo di conoscere nuove situazioni, di adattarsi ad esse, di riconoscere l’imprevisto e di superarlo; inoltre lo sport, come fonte di disciplina ed autodeterminazione, consente all’uomo di sperimentare un senso di controllo personale su di sé e sul proprio corpo, di avere padronanza dei suoi stati emotivi e dell’ambiente. Queste capacità che lo sport è in grado di forgiare danno una fortissima spinta motivazionale, spingendo l’uomo a migliorare anche la propria prestazione.

La bellezza dello sport e ciò che esso regala in termini di autocontrollo e autodisciplina, stimolano la dimensione psicologica dell’individuo che si sente in grado di controllare se stesso e la realtà che lo circonda, riuscendo a vincere contro i propri limiti.

Phelps e Ervin, attraverso il nuoto, hanno compiuto un viaggio alla ricerca/scoperta della loro identità, andando a verificare che essa si stabilisce solo in relazione con l’Altro, messi a confronto con l’Altro,

L’altro siamo noi

Ryszard Kapuściński

Messi a confronto, scoprendo l’Altro l’uomo scopre se stesso; così lo sportivo riesce, in relazione con compagni di squadra ed avversari, a dischiudersi all’esistenza.

Ecco che allora lo sport è la molla che stimola l’uomo a conoscersi e a riconoscersi nei suoi limiti, nelle sue paure e nelle sue fragilità, dimostrando come la meraviglia debba essere destata non tanto dalla natura che ci circonda, quanto dall’uomo stesso che rimane mistero.

Le persone viaggiano per stupirsi delle montagne, dei fiumi, delle stelle; e passano accanto a se stesse senza meravigliarsi.

Sant’Agostino

L’insegnamento che dobbiamo ricavare guardando le Olimpiadi è di vedere tutti gli atleti  non come fenomeni da baraccone o banali vips da ospitate televisive, ma persone come noi che forse più di noi hanno sofferto nella vita e per le quali il podio olimpico rappresenta il riscatto e la frase “grazie allo sport sono risorto”.

 

 

Valeria Genova

 

[Immagini tratte da Google immagini]

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