La rivista Cell dell’Istituto cinese delle scienze a Shanghai ha annunciato la nascita di due esemplari di macaco clonati con la stessa tecnica utilizzata nel 1996 per “creare” la pecora Dolly.
Zhong Zhong e Hua Hua, questi i nomi delle due scimmiette, sono stati originati tramite la tecnica del trasferimento nucleare che consiste nel trapiantare il nucleo di una cellula dell’individuo da clonare in una cellula uovo non fecondata e precedentemente privata del suo nucleo.
La nascita dei macachi arriva a 19 anni dalla prima clonazione di un primate, la femmina di macaco Tetra, creata nei laboratori dell’Oregon National Primate Research Center grazie ad una tecnica che prevede la scissione dell’embrione ai primissimi stadi dello sviluppo, imitando sostanzialmente il processo naturale all’origine dei gemelli identici (monozigoti).
A differenza di quanto accaduto con altri mammiferi, nelle scimmie i tentativi di clonazione attraverso la tecnica del trasferimento nucleare sono tutti falliti poiché nei nuclei delle cellule differenziate di tali esemplari sono presenti dei geni cosiddetti “spenti” che impediscono all’embrione di svilupparsi. Gli scienziati cinesi sono riusciti per la prima volta a riattivarli grazie all’utilizzo di “interruttori” molecolari creati ad hoc, incorporati successivamente al trasferimento del nucleo. L’esito positivo del processo di clonazione è stato poi ulteriormente incrementato prelevando il nucleo da cellule fetali invece che da cellule adulte (come era avvenuto per la pecora Dolly)1.
Quanto incidono questi due piccoli di macaco sul futuro dell’umanità, che impatto avrà la loro nascita sull’evoluzione della ricerca scientifica?
Studiare la crescita di questi due macachi sarà utile, promettono gli scienziati, per conoscere l’impatto delle malattie anche sull’uomo e aprire nuove prospettive per la cura di molte patologie umane gravi come le malattie del sistema nervoso (Alzheimer, Parkinson, Ictus), ma si tratta anche di un’operazione scientifica che può suscitare importanti problemi etici, proprio perché le scimmie sono una specie geneticamente molto simile a noi umani: a seconda della specie, hanno tra il 93% e il 99% di DNA identico al nostro.
Molti in questi giorni hanno congetturato scenari fantascientifici paventando la possibilità teorica di un utilizzo snaturato di queste nuove conoscenze. La venuta al mondo di Zhong Zhong e Hua Hua ha riportato alla luce questioni riguardanti quanto in là possa spingersi la scienza nell’esplorare e nello sperimentare prima di sconfinare nell’aberrazione.
La clonazione dei due macachi da inevitabilmente dato origine ad un dibattito etico relativo alla possibilità che questa tecnica venga in un prossimo futuro trasferita sull’uomo: ma a quale scopo? A cosa servirebbe creare un clone umano?
Secondo alcuni ricercatori, allo stato attuale delle conoscenze, probabilmente avremmo gli strumenti per tentare di clonare l’uomo, ma questo non significa che sia automaticamente una via praticabile. Nelle clonazioni più semplici, come quelle dei roditori, si ottiene un successo dopo decine di esperimenti, senza contare che spesso gli animali nascono con deficit neurologici, malformazioni o altre patologie. Per portare a termine la clonazione delle due scimmie i ricercatori cinesi hanno dovuto fare tantissimi tentativi. Si può ipotizzare che per clonare l’uomo sarebbe necessario l’impiego di centinaia di ovuli, tra l’altro difficilmente reperibili senza mettere in pericolo la salute delle donne donatrici. Inoltre, rimane ingente il rischio che i bambini clonati nascano con problemi neurologici e una serie disfunzioni fisiche. Oltre a ciò, deve essere chiaro che il genoma può essere clonato, ma l’individuo stesso ovvero il fenotipo, no. Le caratteristiche che costituiscono l’individuo che non siano rigorosamente anatomiche e fisiologiche non sono determinate con precisione dal genotipo, quindi, la condizione di copia rispetto ad un altro individuo potrebbe essere una grave minaccia per l’identità psichica di soggetti pensanti e coscienti.
In questo senso la scienza che sembra non avere limitazioni teoriche deve assolutamente imporsi dei limiti di fronte al reale e di fronte alla possibile attuazione di pratiche inedite conseguenti al progresso scientifico-tecnologico.
Le nuove possibilità di manipolazione della vita umana e animale sollevano interrogativi legati alla consapevolezza che non tutto ciò che è scientificamente e tecnologicamente possibile sia eticamente lecito.
Per quanto possano essere interessanti ed affascinanti gli scenari che vanno delineandosi con il progresso della tecnoscienza vi sono anche molti rischi non sempre prevedibili che possono comportare danni irreversibili e inquietudine per la vita dell’uomo, nonché per quella sulla terra.
Una scienza responsabile e guidata da principi etici estremamente solidi è l’unica arma che abbiamo per regolamentare la ricerca ed evitare che la corsa verso il progresso sia così veloce da perderne il controllo.
Silvia Pennisi
NOTE
1. La pecora Dolly venne soppressa nel 2003 in quanto presentava disturbi da invecchiamento precoce, tipici di ovini anziani. Infatti, i geni della sua cellula non si erano tutti riprogrammati, alcuni avevano conservato la memoria di una cellula somatica adulta.