Il mondo ed io con lui
![](https://www.lachiavedisophia.com/wp-content/uploads/2015/08/women-holding-hands-statue.jpg)
È solo un estivo giovedì sera nel West End e io sono semplicemente seduta sulla poltrona vellutata del Queen’s Theatre in attesa che cominci la magia. Alle sette e mezza in punto le luci calano, l’orchestra comincia con quel potente “mi-laaaa, mi-laa” e sullo schermo, un attimo prima di scomparire per aprire la vista sul […]
Piangere come funzione sociale
![](https://www.lachiavedisophia.com/wp-content/uploads/2015/06/Piangere-1024x640.jpg)
“Non vi dico di non piangere perché non tutte le lacrime sono un male”, una citazione tratta dal Signore Degli Anelli ed è Gandalf che sta parlando a conclusione del libro nel momento degli addii. E’ proprio così! Apparentemente incomprensibile il piangere è però una delle azioni di cui socialmente ci vergogniamo di più. Eppure […]
Avanti verso il passato?
![](https://www.lachiavedisophia.com/wp-content/uploads/2015/06/140556720-79b12573-cdd7-4e21-84e9-7de335cef63b.jpg)
Molte volte mi imbatto in persone attaccate ad un filo, più o meno grosso, che riconduce tutto ad un presunto passato ‘migliore’. Avete presente le frasi fatte che utilizzano i nostri nonni, i nostri genitori, ma anche semplicemente i nostri fratelli maggiori per vantarsi di qualcosa che hanno vissuto meglio di noi, durante il loro […]
Che fatica mediare
![](https://www.lachiavedisophia.com/wp-content/uploads/2015/05/Diavolo_Ponte.jpg)
E’ con Hegel che diventa centrale il problema della mediazione. Se infatti si concepiscono le cose come l’estrema alterità non si capisce infatti come esse possano interfacciarsi. La soluzione arriva e si concretizza in un dispositivo: la dialettica. La dialettica diventa lo strumento con il quale Finito e Infinito e le altre categorie non stanno chiuse nei loro compartimenti stagni, ma all’interno di un complesso equilibrio dinamico.
Perché non abbiamo pensato subito alla mediazione in Filosofia? Perché mediare è dannatamente faticoso. Pensate a una riunione di condominio…quanto è difficile ascoltare le istanze di tutti? Comprendere tutti? Starli a sentire e comprendere le loro ragioni? Tantissimo! E’ molto più semplice mandarli tutti a quel Paese e tagliare corto. Questa non è una cosa dettata solo dalla maleducazione, ma da una qualche forma di economia che in effetti opta per la soluzione più semplice rispetto a quello che sembra uno sforzo immane, la pena che ne consegue è però quella di perdere il rapporto con gli altri e nel conflitto esasperato finire per non riuscire nemmeno a perseguire i propri stessi obiettivi.
Bisognerebbe recuperare la dialettica e l’arte della mediazione per salvare il nostro mondo ormai ammorbato dal solipsismo, perché è palese a tutti che in fondo la vita in comunità si sta disgregando fino alla sua unità fondamentale costituita dalla famiglia. Siamo tutti più soli.
C’è invece sempre più bisogno di mediazione, c’è bisogno di ponti e non di muri. Ponti che uniscono e non muri che dividono. Perciò la storia richiede in modo crescente l’arte della mediazione, momento arduo e atteso dell’educare le future generazioni. E penso alla valenza, nella nostra Italia, di ponti che la storia ci ha lasciato, pensate ad esempio a Venezia! In fondo Venezia non è che un insieme di isole con vecchi ponti che le uniscono. Oppure possiamo spostarci in Molise, alle porte di Campobasso si incontrano, alle rive di un ruscello, due paesi: Mirabello e Ferrazzano. Le due località erano collegate anche in questo caso da un vecchio ponte che le univa. La piena delle acque, molti decenni fa, finì per spazzare via il ponte rendendo impossibile attraversare il fiume che separava le due città. Da allora, la località, fu chiamata Ponterotto. La ragione è evidente. Gli abitanti ne soffrirono inizialmente, ma non si rassegnarono alle calamità naturali. Fu così ricostruito il ponte in un sito più sicuro. Gli abitanti del posto, però, vollero ricordare il triste evento dell’alluvione. E con intuizione felice costruirono una chiesetta, dedicata alla Madonna del Carmelo, memoria di dialogo tra cielo e terra, che la gente continua a chiamare “la chiesetta di Ponterotto”.
Siate più Smart siate più schiavi
![](https://www.lachiavedisophia.com/wp-content/uploads/2015/04/Schiavi_Machine.jpg)
In treno un tale di una certa età chiede a un’altra persona più giovane nascosta dietro un computer “Mi scusi posso farle una domanda? Qual è l’ultimo libro che ha letto?”, l’interlocutore imbarazzato risponde un titolo che non ho capito e specifica che si tratta di un libro sulla cultura indiana. Il tale che ha […]
Da Nietzsche alla musica: quando la società non sa ascoltare
![](https://www.lachiavedisophia.com/wp-content/uploads/2015/04/sfondo-piano-organ-web.jpg)
Qualche sera fa sono stato ad ascoltare un concerto del Duo Symphonia per ricordare Bach. Quello che mi ha più colpito è l’accostamento di due strumenti solisti, una formazione di Organo e Pianoforte che suonano insieme, un mix apparentemente antitetico che però rivela all’ascolto sorprendenti e piacevoli sonorità. La musica trae la propria forza dalle […]
L’ innovazione nuoce gravemente alla salute
![](https://www.lachiavedisophia.com/wp-content/uploads/2015/03/Lachiavedisophia_filosofia_Distruzione_2-905x1024.jpg)
“L’innovazione è distruzione creatrice”
Joseph Schumpeter
La sentenza di Schumpeter sembra chiara, ma come si innerva nella cultura contemporanea? Prendiamo il celebre film ripreso dal libro di Cormac McCarhy messo in scena dai Fratelli Coen “Non è un Paese per vecchi”.
“Non è un Paese per vecchi” ci racconta una storia che sembra traslabile a tutto il mondo contemporaneo, una condizione di profonda alienazione in cui versano milioni di persone in tutto il mondo, individui che non ce la fanno a reggere l’urto del nuovo che avanza e il vecchio che persiste per forza d’inerzia. Milioni di persone se ne stanno lì, tra l’incudine del vecchio e del passato che non passa e il martello del nuovo pronto ad abbattersi su di loro, una condizione claustrofobica che si traduce esistenzialmente in una bolla paranoica di mediocrità dove le persone esperiscono inadeguatezza e altre sensazioni negative di fronte al mondo che cambia.
Che cosa è successo? Come siamo arrivati qui?
L’indagine dovrebbe partire dalle trasformazioni economiche e sociali come ci suggerirebbe il buon Karl Marx. Con l’avanzare degli anni e il prolungamento della vita, nella terza e nella quarta età (probabilmente se l’andamento demografico continuerà nel trend degli ultimi decenni ce ne sarà anche una quinta) incominciano a emergere le crepe di un processo considerato di fondamentale importanza nel corso dello sviluppo dell’uomo, quello di equilibrazione. Si tratta di un’attività di mediazione che consente all’individuo di affrontare le perturbazioni provenienti dall’esterno coordinando in modo nuovo le proprie azioni. I cambiamenti, le scosse, le novità provenienti dall’ambiente mettono in crisi gli schemi abituali delle persone (modi di pensare, agire, relazionarsi agli altri), le quali, se non vogliono soccombere, sono costrette a mutare questi schemi per trovare un nuovo equilibrio. E’ questo un processo particolarmente attivo nelle prime età della vita che con l’avanzare degli anni e la crescente strutturazione dell’identità soggettiva però diventa meno flessibile fino ad atrofizzarsi.
Che cosa accade, allora, se le perturbazioni provenienti dall’esterno sono troppo forti, rapide e spesso violente e non si ha la forza di padroneggiarle? Si assiste alla dissonanza cognitiva allo stato puro, cioè al divario tra ciò che la persona è abituata a fare e ciò che le si chiede d’imparare a fare, divario che spesso la spinge ad arroccarsi su posizioni arcaiche, che le appaiono l’unica via d’uscita dall’ansia o dalla paura. La nostra società dei consumi, del nuovo, richiede uno sforzo cognitivo e un sapere “troppo” nuovo – email a raffica, messanger, whatsapp, instagram, messaggi, interazioni virtuali, il cellulare che squilla, neologismi che fioccano misti a parole straniere sia nel linguaggio scritto che orale – le persone restano disorientate, l’anziano e non solo è sempre più affaticato e magari spaventato.
I danni del razzismo
![](https://www.lachiavedisophia.com/wp-content/uploads/2015/03/o-IMMIGRATI-facebook-1024x675.jpg)
“Coloro che a noi sembrano semplicemente una massa informe di immigrati sono persone con diverse storie, con bagagli culturali ed esperienze molto varie, sono comunque individui che- prima di essere immigrati in un paese come ad esempio l’Italia- sono “emigrati” da un altrove a noi ignoto.” Renate Siebert Gli immigrati sono divenuti oggi, era […]
Fenomenologia dell’aperitivo e del vivere fuori
![](https://www.lachiavedisophia.com/wp-content/uploads/2015/03/Aperitivo2.jpg)
Assistiamo a una rivoluzione silenziosa, ma non poco significativa perché cambiano il paesaggio delle nostre Città e il nostro modo di vivere. Una rivoluzione che pone molti interrogativi: come mai, in un momento di crisi come questo, mentre i giornali ci annunciano che si stanno contraendo anche i consumi alimentari, tante persone sono disposte a sborsare soldi per andare a mangiare fuori? Certo, si preferiscono locali a basso costo, dove comunque si spende di più che a casa. E come mai i giovani, in gran parte disoccupati, che non guadagnano e vivono a carico delle famiglie oltre i 30 anni, si possono permettere tali spese? La risposta non è ovviamente semplice. Probabilmente la tendenza a “vivere fuori” ha a che fare con la crisi della famiglia e con l’aumento dei single, che escono per sfuggire alla solitudine. Ma dipende anche dal fatto che molte ragazze e ragazzi oggi non lavorano e quindi la sera non devono rincasare presto, sono liberi di andare in giro e fare tardi. La nostra società ha privato del futuro le nuove generazioni che, prigioniere di un presente che non passa, si ritrovano costrette a una perenne adolescenza forzata. E non è un caso che il modello dei locali da aperitivo si stia estendendo, con i loro cibi veloci ed economici, e siano frequentati soprattutto da adulti. E’ difficile che chi ha figli piccoli esca a mangiare, perché in fondo l’esperienza si presenta faticosa, e i bambini sono più facili da gestire a casa, con i loro giochi, i loro cibi usuali e, soprattutto, la televisione.
L’abitudine a “mangiare e vivere fuori” è segno di una società senza bambini, quindi con poco interesse per una vita familiare, e rivela una radicata abitudine al consumo, che probabilmente in passato si realizzava attraverso spese impegnative: dai ristoranti ai viaggi, dalle moto ai vestiti firmati. Ora che si compra più volentieri all’outlet e si viaggia poco frequentare luoghi di aggregazione come bar e chioschi sembra rimasto l’unico sfogo dell’abitudine al consumo.
Certo anche questi nuovi esercizi creano posti di lavoro, probabilmente molto poco pagati, e sono un modo come un altro per far girare l’economia. Se però ci pensiamo bene essi evidenziano la scarsa inventiva della nostra società che non produce niente di nuovo, ma si limita ad allargare un po’ la possibilità di spesa a basso livello; una spesa che contrae il risparmio, il quale in pochi anni è passato dall’essere una virtù a rappresentare uno dei peccati capitali dei nostri tempi, la fine della progettazione futura, degli investimenti produttivi. In altre parole questi “nuovi” locali che invadono i nostri centri abitati sembrano solo segnalare che abbiamo un popolo che vive “a basso cabotaggio” e cerca vie facili per dimenticare le difficoltà del presente.
Let’s take care
![](https://www.lachiavedisophia.com/wp-content/uploads/2015/03/vivere-in-un-sogno-L-rLiwYo-1024x768.jpeg)
Qualche tempo fa, una persona cara che ho avuto modo di conoscere meglio qui a Parigi mi ha detto di prendermi cura di me. Di lottare e di impedire al dover essere di avere la meglio sul mio corpo e il mio spirito perché non ci dovrebbe essere davvero nulla che che ognuno di noi […]