Un papa che fuma in continuazione. Una suora, che lo ha cresciuto, appassionata di basket e che come pigiama indossa una maglia con la scritta “I’m virgin, but this is a very old shirt”. Un cardinale di stato tifoso sfegatato del Napoli, che va su tutte le furie se qualcuno allude alla dipendenza da cocaina di Maradona. Come sempre Sorrentino calca la mano sulle assurdità dei suoi personaggi, per renderli più umani, più vicini. Ma The Young Pope, la sua nuova serie tv, è anche una riflessione, seria e profonda, sulla Chiesa.
Al centro dell’opera vi è Lenny Belardo, eletto a 43 anni al soglio pontificio. Malgrado la giovane età, Lenny ha delle idee conservatrici: è duramente contrario all’aborto, vuole cacciare gli omosessuali dalla Chiesa e ristabilire la messa in latino. Il papa di Sorrentino sembra quasi istaurare un dialogo a distanza con Papa Francesco, per negare tutte le sue modernizzazioni.
Infatti sin dalla scelta del nome, papa Francesco ha inaugurato una Chiesa di amore e misericordia, che ha affrontato temi tabù per aprirsi alla modernità e risultare accogliente per tutti. Una scelta vincente, visto che Francesco ha invaso televisioni e giornali, risultando ad esempio l’uomo più amato dagli italiani nel 2014.
Eppure la Chiesa è davvero cambiata? Prendiamo le ormai famosissime dichiarazioni di Bergoglio sull’omosessualità: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». La frase è stata letta come una storica apertura, peccato però che nel recente dibattito riguardo alla legge sulle unioni civili in Italia il cardinal Bagnasco abbia parlato del rischio di «compromettere il futuro dell’umano» e lo stesso Francesco abbia affermato «Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione». Ecco allora che la bella e potente frase rimasta nella memoria di tutti assomiglia più a uno slogan vincente che a una nuova linea della cristianità.
Concentriamoci ora sulle alcune dichiarazioni ancora più recenti, tramite cui il pontefice ha permesso a tutti i sacerdoti di assolvere l’aborto. Anche questa è stata letta come un’apertura memorabile, ma basta soffermarsi un secondo sulle parole di Bergoglio per capire che la condanna della Chiesa all’interruzione di gravidanza non è cambiata poi molto. Nel suo discorso Francesco ha infatti precisato «Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente». La condanna della Chiesa quindi non è mutata, semplicemente si è concesso un paternalistico perdono alle donne incappate in questo “grave peccato”.
Il punto insomma è che la Chiesa di Belardo, nel suo rigore fuori moda, appare molto più coerente di quella di Francesco, che cerca di correre verso la modernità senza muoversi davvero. Le dichiarazioni di Bergoglio sembrano spesso un modo per nascondere dietro una vernice colorata una sostanza che permane immutata. Francesco presenta una Chiesa che si sforza di accogliere tutti con contenuti facili. Pensiamo per esempio al discorso in piazza San Pietro in cui parlò della misericordina, una scatola a forma di medicinale contenente un rosario e la presentò come una medicina necessaria allo spirito. Banalizzare in questo modo i contenuti per renderli appetibili a tutti, trasformando il concetto di misericordia in una trovata pubblicitaria, probabilmente attrae più fedeli in piazza, ma rischia di mettere in secondo piano il vero contenuto della Chiesa, il senso del sacro.
Lo stesso Belardo nella serie tv afferma «le pubbliche piazze sono riempite, ma non i cuori». Pio XIII insiste per avere una Chiesa amata da meno persone ma con più intensità, che metta al centro il mistero perché il dubbio e la sofferenza sono necessarie per cercare Dio. Il rischio di una chiesa così pop è che questa sia abbracciata superficialmente da un gran numero di persone, ma sentita da poche. È un pericolo che anche alcuni all’interno della cristianità stanno avvertendo, come il cardinale Burke che, mettendo in dubbio la linea perseguita dal papa, afferma «La fede non può adeguarsi alla cultura, ma deve richiamarla alla conversione. Siamo un movimento ‘contro culturale’, non popolare».
Lorenzo Gineprini
[Immagine tratta da una scena della serie]