Tra i moltissimi ospiti dell’edizione 2016 del festival Pordenonelegge, c’era Marc Levy, l’autore francese più venduto al mondo. L’incontro con i lettori, in occasione della presentazione dell’ultimo romanzo tradotto in italiano, Lei & Lui, ha avuto un’ottima partecipazione; il pubblico, come si potrebbe immaginare, comprendeva per la sua quasi totalità donne e ragazze, soltanto qua e là si intravedeva il volto di qualche uomo, probabilmente nel ruolo di accompagnatore di moglie o compagna.
Ciò che mi ha colpito maggiormente è il fatto che la sobria e composta location del Convento di San Francesco ha rispecchiato in maniera esemplare l’immagine che Marc Levy ha saputo dare di sé, tanto durante l’incontro, quanto dimostrandoci la sua disponibilità a rispondere ad alcune nostre domande. Marc Levy è un autentico autore di best seller: tutti i suoi romanzi riscuotono un così grande successo che il mediatore dell’incontro, Filippo La Porta, lo “accusa” di conoscere la ricetta del successo editoriale! I romanzi di Levy sono etichettabili come delle commedie sentimentali, tra le pagine delle quali spiccano i temi dell’amore, dell’amicizia, della vita, dell’ottimismo. Con quello che La Porta ha definito “Levy’s touch”, uno stile leggero e appassionato, Levy è in grado di raggiungere per lo più il lettore comune, il lettore che cerca un attimo di diletto, il lettore spensierato, ma non per questo meno serio.
Marc Levy è l’autore dei grandi numeri, certo, ma non manca di ricordare quanto lavoro ci sia dietro ad un libro. Impegno, ricerca, osservazione, capacità di dare spazio alla propria creatività, e soprattutto, umiltà. A sua detta è necessario rimanere con i piedi per terra, guardare a ciò che si fa, e non a se stessi, dedicarsi al proprio lavoro con spontaneità ed autenticità, e non con la volontà di pianificare il successo; è soltanto in questo modo, infatti, che “la scrittura si manterrà terreno di libertà”.
Ma ora facciamo spazio alla nostra piccola intervista per voi lettori.
Durante l’incontro ha sottolineato più volte l’importanza dell’umiltà. Per cominciare vorrei chiederle: il fatto di avere svolto altre professioni in passato l’ha aiutata a conservare quest’importante qualità?
Indubbiamente il fatto di poter incontrare persone di orizzonti diversi permette di arricchirsi e di sviluppare la capacità di relativizzare. D’altronde anche il più grande attore del mondo risulta impotente di fronte all’infermiera che lo cura quando è ammalato. Quando si ha la fortuna di entrare a contatto con persone che svolgono mestieri ammirabili, si è a nostra volta più umili.
Scrivere è mai stato un sogno per lei?
Certo. È sempre stato un sogno, fin da quando ero bambino, ma non pensavo fosse realizzabile. Ho scritto il mio primo manoscritto all’età di 17 anni; non era affatto ben riuscito così lo gettai. Ma anche a quell’età continuavo ad avere il sogno di diventare scrittore, perché già la lettura per me era un sogno.
Come trova le idee per i suoi romanzi?
Non ho mai saputo rispondere a questa domanda. Le idee vengono dalle cose della vita, osservando le varie situazioni che abbiamo di fronte. È il miracolo di questo mestiere! Come viene un’idea? A volte dalla lettura di un articolo, a volte dal fatto che si è stati testimoni di una situazione, a volte semplicemente osservando qualcuno. Credo che il mestiere di scrittore richieda di sapere osservare ed ascoltare attentamente.
La nostra associazione e la nostra rivista trattano di filosofia. Quello che ha appena detto mi ha fatto pensare agli elementi che letteratura e filosofia possono avere in comune, per esempio lo spirito d’osservazione. C’è qualche traccia di filosofia nel suo lavoro?
Credo che dirselo da soli sia abbastanza pretenzioso. Credo che la filosofia, nel suo splendore, sia fonte di domande più che di risposte. Quindi sarebbe terribilmente pretenzioso affermare «ciò che scrivo è filosofia». Piuttosto, potrei dire che è il lettore colui che può trovare nelle mie frasi un elemento filosofico.
La lettura può aiutarci a riflettere sulla quotidianità?
Sì, ma non solo la lettura. Anche il cinema, per esempio, grazie ai suoi personaggi, con quali ci si può identificare. Un’importante funzione della letteratura o del cinema è quella di donare voglia d’essere. Quando ero adolescente e mi ponevo delle domande riguardo la mia identità, traevo voglia di vivere, voglia di adottare alcuni loro valori, di seguire la loro strada, da alcuni personaggi cinematografici.
Federica Bonisiol
Qui per l’intervista in lingua originale.
[Immagine tratta da Google Immagini]