Il 20 gennaio scorso si è celebrato il primo anniversario dell’insediamento di Donald J. Trump come quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America. I bilanci di questo primo e assurdo anno di amministrazione di The Donald si sprecano e si sprecheranno. Tra analisi sulla politica interna ed estera, Russiagate e immigrazione, sono molti i punti che meritano attenzione. I successi sono stati pochi: la nomina di un giudice della Corte Suprema e la riforma fiscale, mentre le sconfitte vanno dalla fallita abolizione dell’Obamacare alla perdita di un seggio sicuro al senato fino allo shutdown del governo. Quello che più ha stupito di Trump presidente, in questi dodici mesi, è stato però l’atteggiamento che ha quasi sempre tenuto nel dibattito politico e nei suoi rapporti con la stampa. Laddove si pensava che la comunicazione di Trump istrionica, esagerata e infarcita di bugie in campagna elettorale, potesse avere una svolta istituzionale una volta diventato presidente, si è stati ben presto smentiti dall’interessato.
Se torniamo con la memoria al giorno dell’insediamento ci potremmo ricordare che tutto cominciò con una colossale bugia. Trump e la sua amministrazione dissero che la cerimonia era stata un successo, una delle più seguite di tutti i tempi. Le foto del prato semideserto a confronto con quelle dell’insediamento di Obama smentirono quella affermazione, sebbene Trump e i suoi continuassero a proporre un altro tipo di verità.
La realtà alternativa o post verità è stata una costante prima nella campagna elettorale e poi nella presidenza Trump. Bugie dette non solo per promettere cose irrealizzabili o infuocare gli animi della base, ma per creare una narrazione del “noi” contro “voi” che ha polarizzato l’opinione pubblica e ha garantito a The Donald il sostegno di quelli che l’hanno votato. Dire la verità non è più un asset così vantaggioso, meglio costruirsene una.
Trump da quando si è candidato ha rotto costantemente le regole della dialettica tra uomini politici. Lo ha fatto un po’ consciamente e un po’ di puro istinto, quello per la battuta pesante, per la risposta arrogante e per il contrattacco come forma di difesa. Nessun presidente ha mai preso così sul personale le critiche al proprio operato o all’operato della propria amministrazione. E l’opinione pubblica americana non è stata tenera con nessun presidente, escluso forse il primo Obama.
Il presidente ha bollato ogni critica a sé e ai suoi collaboratori come fake, falsa, e ha iniziato a chiamare tutti i media critici fake news media, dalla Cnn a New York Times e Washington Post, meno il conservatore Fox News ritenuto invece affidabile. Trump ha accusato questi giornali e canali televisivi non solo di essere faziosi e schierati con i democratici, ma di inventarsi notizie con il proposito di screditarlo. Il tutto l’ha riassunto con la frase, più volte pronunciata: “You are fake news!”, riferita ai media sgraditi.
Un altro punto della presidenza Trump da sottolineare è il massiccio e sregolato uso di Twitter. Trump nel suo primo anno ha scritto 2595 tweet dal suo account personale e solo 2 da quello ufficiale @POTUS. Su Twitter Trump ha dettato l’agenda politica, ha criticato e insultato i democratici come i repubblicani non allineati e ha cercato di gettare discredito sulla stampa americana come sull’inchiesta che lo coinvolge. Il presidente è parso più volte preso da un raptus incontrollato che lo ha portato ha twittare più volte in pochi minuti, magari dopo essere venuto a conoscenza di qualcosa a lui sgradito dalla televisione.
Ha scritto ciclicamente che Hillary Clinton è corrotta e meriterebbe la galera, ha retwittato video falsi e islamofobi e un altro in cui, fuori da un ring di wrestling, mette al tappeto un uomo, che ha però il logo della Cnn sulla testa. Solo per citare alcune delle sue uscite social più famose.
L’impulsività e la litigiosità di Trump sui social, quando cioè è lasciato solo e libero di esprimersi, contrasta con i discorsi che fa invece leggendo dal gobbo. I secondi, come l’ultimo sullo stato dell’Unione, risultano molto più normali. Alla luce anche di questo, oltre che della sua e della dieta, hanno fatto dubitare a molti della salute e della stabilità mentale del presidente. Per fugare questi dubbi Trump si è fatto visitare recentemente e il suo medico ha fatto sapere che il presidente è in forma.
Esclusa per il momento l’ipotesi che il presidente degli Stati uniti d’America non sia totalmente sano di mente, resta il fatto che agendo come ha fatto nell’ultimo anno Trump ha cambiato il dibattito pubblico americano. Attaccando per non essere attaccato, insultando per primo o in risposta ad altrui offesa di certo non è riuscito a essere il presidente di tutti anzi. Forse Trump è sia la causa che l’effetto dell’odio e dell’intolleranza che vediamo riversata quotidianamente nella rete.
Di certo un presidente così, con questo modo di comunicare non si era mai visto. E anche i sondaggi che mostrano la politica Usa sempre più polarizzata tra destra e sinistra fotografano probabilmente sia la causa che l’effetto di un dibattito non sano. Sarà Trump un prodotto di questi tempi, chi lo sa. Forse non starà cambiando l’America, ma di sicuro il modo in cui si vive la politica.
Tommaso Meo
Letture consigliate per approfondire:
– NY Daily News, Trump is a madman
– Il Post, Il primo anno di Donald Trump da presidente, in cifre