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“Un grammo di comportamento vale un chilo di parole”

Tutto quello che vuoi si trova dall’altra parte della paura
Recitazione. Roma. Lezione di prova: repulsione. O qualcosa del genere.
Non capivo perché, ma avevo un fastidio interno ed una gran voglia andarmene.
Esercizio dopo esercizio mi sentivo agitata, giudicata, tesa.
La lezione di prova finì ed io dissi ai professori: “Spero di tornare, ma con il mio lavoro sarà difficile”.
Tornai a casa nervosa, scombussolata, con qualcosa che mi si agitava dentro.
Sembrava adrenalina. Quella che mi veniva quando andavo a nuotare di sera. Quella che poi fino alle tre di notte non la smaltisci neanche con tisane alla passiflora del Gabon e 20 gocce di xanax.
Ma era qualcosa di più forte.
Era paura.
Era aver intuito che qualcosa stava per sradicarmi dalla mia comfort zone, dal mio divano, dal mio Sky, dai miei aperitivi.
Forse era il famoso “Tutto quello che vuoi si trova dall’altra parte della paura”.
O forse mi stavo trasformando in un personaggio di un film di Muccino su sceneggiatura di Fabio Volo.
Fatto sta che le ore di sonno furono poche e le domande troppe.
A tutti i punti di domanda della notte rispose una sensazione di benessere appena aperti gli occhi al mattino. Una sensazione che mise un punto. E mi fece andare a capo. Quella sensazione che provi solo risvegliandoti con la persona che ami accanto. Quel momento in cui si realizza. E quella mattina realizzai che l’unica cosa che avrei fatto sarebbe stata infilarmi un paio di scarpe da ginnastica e chiudermi fino a sera in un’accademia. A fare e rifare senza sosta quegli esercizi che solo qualche ora prima mi avevano fatto diventare rossa, mi avevano fatto tremare la voce, mi avevano fatto pensare “ma che ci faccio io qui in mezzo?”, mi avevano fatto dire “Non credo di poter tornare, non ce la farei con il mio lavoro”.
Il lavoro? La pioggia? La neve? L’invasione di cavallette? Tutte scuse.
Il modo, il tempo, lo trovi. E se non lo trovi lo cerchi. E se non lo cerchi lo rubi.
Tra lavoro ed un minimo di vita sociale dormo sempre meno. O tra lavoro e sonno, ho sempre meno vita sociale. E tutto questo è esaltante ed al tempo stesso rassicurante. Esiste la recitazione e chi o cosa riesce ad inserirsi con grandi sforzi tra me, il mio lavoro e quella che posso chiamare senza mezzi termini un amore viscerale, è un chi o un cosa davvero importante. Anche una telefonata diventa difficile. Ma chi ti vuole bene capirà. Chi non capirà, è perché non ha capito chi sei. Per me studiare recitazione è una bolla. Indistruttibile. E tutte le persone che ci sono dentro lo sono. Di alcuni di loro non so nulla, di altri molto, di altri ancora tutto. Ma una sola cosa la so: quando siamo lì dentro, nella nostra bolla, tutti insieme, in quella stanza nera, spartana, senza fronzoli, senza orologi, coi cellulari che, pur volendo, non prendono, senza anelli, bracciali, tacchi, cravatte, il mondo fuori con le sue regole, le sue riverenze, i suoi clichè non esiste più.
Una lezione di prova  dovrebbero farla tutti. Sopratutto chi pensa che questo non sia un mondo straordinario, ma un sottobosco squallido e umido. E dovrebbero provarci tutti, ma non per vincere l’oscar. Ma per capire. Tante, troppe cose che diamo per scontate.
Quanto un silenzio arriva molto più che un flusso di parole.
Quando un silenzio arriva e perché.
Quanto non ascoltiamo l’altro.
Quando l’altro dobbiamo ascoltarlo, altrimenti salta tutto.
Quando l’altro deve ascoltarci, altrimenti salta tutto.
Quanto siamo centrati su noi stessi.
Quanto impatta uno sguardo.
Quanto sia fondamentale il dettaglio. E quante cose da quel dettaglio si capiscono.
Quante infinite possibilità ci sono di recitare un copione. Quello che recitate ogni giorno fingendovi felici, vincenti, griffati e rampanti su Facebook e nella vita reale.
Quante infinite possibilità di vivere esistono.
Quante regole della recitazione sono regole di vita.
Quanto nell’improvvisazione niente sia lasciato al caso.
E’ dura mettersi alla prova. Ed è ancora più dura ammettere di essere banali, scontati, pieni di sovrastrutture e pregiudizi. Recitando vengono fuori i propri limiti, le proprie insicurezze, le proprie paure e lezione dopo lezione, ora dopo ora, si sciolgono dentro e fuori quella stanza.
Non ti importa più del contorno, della forma, del superfluo. Arrivate le 19 vuoi solo mettere le tue converse, buttare i tacchi e la giacca, ed entrare in uno spazio in cui potresti vivere per ore, senza mangiare o bere.
Se vi sembra esagerato, vi auguro di provarla almeno una volta nella vita una sensazione così.
Quando sei davvero dentro qualcosa, abbi il coraggio di rimanerci.
“State”, ci dicono a lezione.
Stacci.
Prenditi il tuo tempo.
Vivitelo.
E poi, restituisci.
Anche un silenzio.
“Fatevi portare dal vostro centro”, anche questo ci dicono sempre a lezione.
È difficile capire cos’è, dov’è e perché.
Ma è da lì che parte tutto.
Fatevi portare dal vostro centro. Seguitelo.
Chi lo chiama cuore, chi plesso solare, chi istinto, chi energia. Che importa.
Seguite il vostro centro.
E se il vostro centro vi porta dal codice civile ad un palco sgangherato di un teatro Off, è sul palco sgangherato di un teatro Off che dovete salire.
Piangerete di felicità. Non di frustrazione.
Troverete sulla vostra strada chi cercherà di ridimensionare questo vostro amore.
Chi vi dirà banalizzando “eh si, è bello coltivare un hobby”, facendovi sentire ridicolo, fuori dal mondo e fuori tempo. Chi vi farà sentire strano. La noia sulla faccia di chi vi ha appena chiesto “E quindi che si fa a questa recitazione”? dopo la prima parola della vostra risposta.
Non importa.
Andate avanti per la vostra strada.
Se è la vostra strada lo sentirete nelle ossa, nella testa, nel centro.
Avrete sempre un monologo che vi ronza nella testa, e avrete sempre voglia di imparare il prossimo.
Paradossalmente, quello che accade recitando, è autentico.
Di recitazione non si vive, mi dissero tempo fa.
Di insoddisfazione, si muore, non ebbi la prontezza di rispondere.
Per salvarsi, si è sempre in tempo. Sali sul tuo palco. E il sipario non calerà mai.
Anche perche nei teatri Off il sipario manco ci sta.
 

Donatella Di Lieto

[Le opinioni espresse sono a carattere strettamente personale/ Views are my own]

[Immagini tratte da Google Immagini

 

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