Viviamo in un’epoca figlia delle grandi scoperte scientifiche che, a partire dalla seconda metà del 1600, hanno letteralmente rivoluzionato l’esistenza del genere umano. Oggi più che mai la scienza è compenetrata capillarmente nella nostra quotidianità e nella possibilità stessa della nostra esistenza e sussistenza sotto forma di tecnica e tecnologia. Nonostante tale innegabile evidenza, la scienza viene percepita dalla maggior parte dell’opinione pubblica come un’entità astratta, lontana, quasi mistica. Le questioni scientifiche vengono percepite come esclusivamente proprie agli addetti ai lavori. Ci sono alcuni scienziati che spendono parte del loro impegno professionale e umano per cercare di accorciare la distanza tra la scienza e il pensare comune; uno tra questi è sicuramente Carlo Rovelli, il quale si prodiga da tempo con saggi divulgativi, grazie ai quali importanti temi scientifici vengono affrontati con uno sguardo filosofico, oltre che con un apprezzato stile narrativo, sottoponendo al lettore i risvolti antropologici ed esistenziali che le grandi questioni scientifiche racchiudono in sé. Ne è un esempio il saggio Sette brevi lezioni di fisica (Adelphi 2014): una piccola pietra preziosa. Questo è un testo breve, rivolto a tutti. Vi si scorge il desiderio di disvelare agli occhi dei più una porzione nascosta di un mondo meraviglioso, che poi è il nostro, intrecciando con abilità concetti di fisica e riflessioni filosofiche. Il piccolo volume ha il pregio di mostrare come la scienza sia profondamente interconnessa con le domande esistenziali che guidano la filosofia e le altre forme espressive dell’uomo, ma anche di contribuire alla diffusione dello sguardo scientifico sulla realtà. Libri come questo aiutano a cambiare atteggiamento nei confronti della scienza, a darle un’altra possibilità e a porsi domande ineludibili.
Quale lezione possiamo imparare dalla scienza?
Un fisico osserva la realtà e si chiede: perché accade che la natura si comporti in questo modo? Quali leggi possono descrivere il funzionamento della realtà, nella sua totalità e nella sua più specifica particolarità? Gli scienziati sono donne e uomini visionari, persone la cui mente funziona secondo modalità non lineari. Le più grandi intuizioni fisiche derivano dalla straordinaria capacità di immaginare soluzioni non convenzionali per fare luce sui misteri della natura. Molti grandi scienziati hanno attraversato vite di solitudine, frustrazione e fallimenti, dovuti per la maggior parte proprio alla straordinaria capacità immaginativa e al coraggio di porre questioni impensate, scomode, rischiose.
Come suggerisce anche Rovelli nel saggio già citato, la scienza non impone mai con prepotenza le proprie idee: le grandi menti coltivano, fino all’ultimo giorno delle loro esistenze, l’arte del dubbio.
Il genio esita, scrive Rovelli, non impone, non costringe. Il genio dubita. Chi si trova quotidianamente a mischiare la propria pelle con la profonda conoscenza del mondo, esita. La proposta è di lasciarsi interrogare da tutto ciò: così raramente siamo capaci di creare un terreno di margine attorno alle nostre idee, quel margine necessario e dedicato allo spostamento di significato, alla possibilità di negoziazione delle nostre posizioni; il dibattito pubblico è animato dallo slogan, dall’imposizione, dello scontro rigido di posizioni.
La scienza invece, la grande scienza, ci insegna che niente è detto una volta per sempre, nessuna parte della nostra conoscenza è scritta nel firmamento dell’eternità. Questa consapevolezza epistemologica non ci appartiene da sempre: fino a un centinaio di anni fa si era convinti che la scienza possedesse verità incontrovertibili. Fino al XX secolo il mondo era per lo più categorizzato entro visioni strutturate e organiche che non ammettevano elementi devianti all’interno di se stesse.
Per nostra fortuna, molti fattori hanno concorso allo sgretolarsi di certezze e monolitiche ideologie; oggi, nell’epoca postmoderna, godiamo della libertà del dubbio, della fragilità e dell’incertezza.
Oggi possiamo ammettere una lettura profondamente scientifica del mondo, come quella che offre Carlo Rovelli, e riconoscere che essa non escluda la possibilità e l’esistenza di altri modi di significazione dell’esperienza.
Alcune persone, poche, nella storia dell’umanità, hanno la possibilità di porsi appena al di là del margine della conoscenza, appena dopo le colonne d’Ercole per lanciare uno sguardo al mistero che abita dall’altra parte. Prendere consapevolezza della sterminata misura della nostra non-conoscenza rende il nostro animo gravido di meraviglia e stupore.
Prendere coscienza di quanto siamo piccoli, infinitesimali e accidentali nella vastità del cosmo ci libera dal nostro egocentrismo e apre finalmente i nostro occhi e i nostri cuori, apre dentro di noi lo spazio per accogliere altro, altro da noi stessi e questo ci rende meravigliosamente liberi.
Proprio lì, sul margine, sul bordo, appena al di là e appena al di qua dal confine, risiede la vastità delle nostre possibilità di abitare il mondo stesso.
NOTE
[Photo credit Hal Gatewood via Unsplash]
Maria Chiara Pelosi
Nata nel 1992 a Cremona, dove vive e insegna in una scuola secondaria di secondo grado. Ha studiato Filosofia all’Università Cattolica di Milano prima e all’Università di Torino poi. Nel corso della sua vita, oltre che alla filosofia, si è appassionata alla lettura, alla scrittura e alla storia. Le interessa il rapporto tra il pensiero e il linguaggio, ma ha studiato anche la filosofia esistenzialista e postmoderna. Per lavoro ha approfondito i temi della didattica, dei processi di apprendimento e della salute mentale. È mamma di un bambino e di una bambina. Di notte scrive poesie.