Le cose che accadono sono molte. Quelle che possono accadere, ancora di più.
Tutto quello che riusciamo a immaginarci è ipoteticamente possibile, il modo in cui potrebbe manifestarsi è addirittura infinito.
Le cose, quando avvengono, si verificano sotto forma di eventi. Di essi ne abbiamo un vasto assortimento: dire «grazie» a qualcuno, regalare un mazzo di fiori, tirare un schiaffo, perdere un treno, rispondere al telefono, scrivere un libro, e così via.
Gli eventi, però, ci fanno pensare. A volte non sappiamo quali siano i loro confini temporali o spaziali, ma siamo certi che sono avvenuti, che stanno accadendo ora o che si svolgeranno nel futuro.
«Federico si è preso il raffreddore!». Sì, ma, quando? Dove?»
«M’innamorerò!» D’accordo, ma esattamente quando avverrà? »
Un evento può essere semplice, complesso, universale, particolare, ma a fare la differenza è principalmente il modo con cui lo si guarda. È la prospettiva da cui lo spiamo che conta maggiormente.
Evento I, Scenario I, Visione I
Scuola primaria: l’insegnante entra in classe alle 08.25 e termina la lezione alle 12.30.
Ci troviamo di fronte a un unico grande evento, con un inizio e una fine? Davvero possiamo dire che l’insegnante ha fatto lezione in un preciso luogo e in un preciso momento? E quali sono le conseguenze se considero questo evento solo da un punto di vista generale? Di certo perderò una grande quantità di elementi che mi avrebbero aiutato a comprendere meglio ciò che nei fatti è davvero avvenuto nella classe.
Già, ma cosa?
Gli accadimenti, anche quelli più semplici, non sono così innocui se si ha la pazienza di starli a guardare. Se il nostro obiettivo consiste nell’analizzare alcune dinamiche che sappiamo essere comprese all’interno di un certo evento, dunque, dobbiamo guardarci dal semplificarlo. Dobbiamo sostare fra le spaccature delle cose, dei minuti, dei secondi, dei banchi e dei gessetti, per vedere cosa funziona e cosa invece occorre lasciar andare.
Tale atteggiamento ci porta a rivalutare la nostra opinione sull’ordinarietà di certi eventi. Lo scenario I, che credevamo povero di dettagli, è invece un universo d’informazioni fondamentali per chi sa guardare, ovvero per chi sa cosa cercare.
Evento I, Scenario I, Visione II
Scuola primaria: l’insegnante entra in classe alle 08.25 e termina la lezione alle 12.30.
Ma lì dentro vi è un continuo susseguirsi di eventi, di ogni tipo, tutt’altro che slegati tra loro.
A albero, B barca, C camion; la lavagna, prima vuota, ora è piena di regoline scritte.
C’è lo starnuto di Giovanna e c’è Sara che accartoccia un foglio per far canestro nel cestino.
E poi Veronica che presta un colore a Federico, ma ecco un evento diverso dal precedente: quello in cui Federico le chiedeva in prestito il colore.
C’è Luca che parla ininterrottamente con Vittoria disturbando i compagni di banco, ma anche quello dove, penna in mano e occhi sul quaderno, troviamo tutti i bambini concentrati a svolgere le somme sui loro quaderni a quadretti.
Carolina che dà un pizzicotto a Marco e Marco che scoppia a piangere.
Daniele che offende i compagni, e quest’ultimi che vogliono che lui la smetta.
Margherita che chiede di andare in bagno e Lorenzo che si avvicina alla cattedra lamentandosi per il mal di testa…
Tutti questi piccoli eventi sono dei particolari ai nostri occhi. Particolari che in egual misura dovrebbero esser presi in considerazione da chi si appresti a lavorare in classe. L’apprendimento è una cosa seria. Il buon apprendimento lo è ancora di più.
Se è vero che è meno faticoso conservare una visione base di ciò che ci circonda, gustandosi la realtà per eventi generali e separati tra loro (Visione I), è pur vero che ogni maestro che si rispetti non ignora alcun accadimento e come dice (scherzando) ai bambini: ha gli occhi anche dietro la testa! (Visione II).
Giorgia Aldrighetti
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