All’interno di un contesto in cui viene trasformata la percezione e l’organizzazione dello spazio e del tempo di vita, in cui i nuovi sviluppi, a causa dell’accelerazione, appaiono sempre di più senza identità o relazione, diventa sempre più difficile relazionarsi con gli altri e nella cura cooperare e ascoltare i problemi personali.
Sempre meno infatti si stabiliscono relazioni profonde, proprio perché queste richiedono tempo per essere costruite. Come sottolinea Hartmut Rosa in Accelerazione e alienazione, se siamo sempre più alienati dallo spazio e dal tempo, dalle nostre azioni ed esperienze e dal rapporto con gli altri, risulta difficile evitare una profonda alienazione da sé, in quanto il nostro stesso io nasce da questi rapporti e relazioni. Ogni persona che incontriamo rappresenta il mezzo per la narrazione di noi stessi, della nostra storia e per definire la nostra identità; perché chi siamo e come ci sentiamo dipende, oltre che dai contesti della nostra esperienza, anche dall’incontro con l’altro.
In una condizione umana in cui il presente viene sempre più «risucchiato nel flusso di comunicazioni che nascono e muoiono», che non creano condivisione anche nel contesto familiare, in cui viene sottratto sempre più tempo alla parola, allo scambio di emozioni e alla reciprocità, l’importanza e il valore del tempo emergono soprattutto nel contesto di cura, perché la malattia stessa insegna a valorizzare questo tempo.
Si impara a cogliere le occasioni quando si presentano e a scegliere secondo le proprie priorità. Fare, progettare e occupare il tempo permette nella malattia di sentirsi più persona che paziente e di distogliere l’attenzione dalle proprie sofferenze. Siamo sempre pronti a fare tutto in fretta, a partire dalla famiglia e dal lavoro, ma è nella malattia che si rivela l’importanza di rallentare, di guardarsi intorno e di apprezzare ciò che si ha. Il tempo nella malattia riserva sicuramente momenti difficili, ma ci sono anche aspetti positivi se si riescono a cogliere; ci sono momenti in cui si realizza che la vita prima o poi finirà, ma averne consapevolezza è importante per prendere le decisioni più giuste, che possono anche coinvolgere coloro che stanno vicino al malato, riallacciando quindi relazioni significative interrotte. È infatti molto difficile affrontare da soli il peso di una diagnosi, nascondendo le proprie sofferenze: l’impatto emotivo si affronta soprattutto se si hanno affianco i propri familiari e le persone affettivamente vicine. Il confronto aperto in questo caso è uno strumento prezioso che permette, oltre a condividere il carico emotivo del momento, anche di esprimere le proprie ansie e preoccupazioni. Mettersi nella condizione di esprimere il proprio disagio con le persone giuste, può portare ad un immediato sollievo e a vedere la propria situazione in una prospettiva più ampia. L’importante sicuramente è affrontare questi momenti con normalità, trattando l’altro come una persona e non come un malato, perché la cura intesa come realizzazione di atteggiamenti interiori e di riconoscimento della dignità, si estende anche alle quotidiane relazioni familiari e sociali. Ci sono infatti forme di umana sofferenza che a volte non hanno bisogno di terapie ma di cura intesa come quello “stare accanto” legato all’attenzione ai modi di vivere con l’altro, in un cammino di conoscenza e aiuto relazionale. È importante quindi considerare gli aspetti interpersonali e antropologici della cura, perché come forma di esistenza, entra in gioco nell’area delle quotidiane situazioni di vita.
Non è facile affrontare la malattia oncologica perché il mutamento dell’assetto corporeo, della propria qualità di vita e della propria intimità possono creare uno stato di sfiducia, che può essere elaborato soprattutto attraverso l’altro e un atteggiamento positivo verso la propria esistenza. Quando questi momenti difficili si presentano, rompendo progetti e speranze, sembra che il ritmo della “vita normale” sia sospeso e che non ci sia spazio per altro che per la malattia. Eppure, in questo spazio-tempo così particolare, vissuto da ognuno in modo diverso, la persona può rendersi conto del valore così importante delle relazioni.
«Il tempo non aspetta nessuno. Raccogli ogni momento che ti rimane, perché ha un grande valore. Condividilo con una persona speciale, e diventa ancora più importante».
A. Rimbaud (1854-1891)
Martina Basciano
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