Home » Rivista digitale » Etica e scienze » Tecnologia » La vita è un’illusione (digitale)

La vita è un’illusione (digitale)

Un tempo i filosofi si facevano domande che oggi, probabilmente proprio grazie alle loro risposte o perlomeno ai loro tentativi, non ci facciamo più. Se Descartes nel Seicento passava i suoi pomeriggi a cercare di dimostrare razionalmente la nostra esistenza, noi, se va bene, ci limitiamo a maledirla. Cogito ergo sum, “Penso dunque sono” è una formula che se non esistesse bisognerebbe inventare, perché come si fa a dubitare del fatto di dubitare di esistere? Non si può, questa certezza dimostra che stiamo facendo qualcosa e quindi, per farla, esistiamo. Fantastico.

Anche noi, però, trascorriamo dei pomeriggi avventurosi, spess05o con lo smartphone in mano – gli ultimi dati disponibili ci raccontano di un popolo, parlo di quello italiano, che passa in media sei ore al giorno online di cui ben due sui social network. Senza questa specie di prolungamento digitale di noi stessi, letteralmente attaccato al nostro corpo (io lo tengo sempre nella tasca davanti dei pantaloni), non sapremmo più come vivere, ovvero comunicare, sapere, consumare. Il gesto più comune che ci ritroviamo a fare durante le nostre giornate è appunto digitare. Viene spontaneo perciò pensare a un aggiornamento del “Penso dunque sono” con “Digito dunque sono”. In che senso però digitare darebbe la misura della nostra esistenza? In realtà digitare non basta, direi addirittura che – anche se non tanto per esistere quanto per sentirci esistere – non serve a nulla se in cambio non otteniamo la reazione altrui (like, commenti, condivisioni). La formula più corretta con cui tentare di descrivere i nostri tempi è per cui “Digito dunque siamo”. L’essere umano ha ovviamente sempre avuto bisogno dello sguardo altrui, del suo riconoscimento, nel bene e nel male, per sentirsi esistere, ma oggi questo “sguardo” (metamorfosatosi in like) è ancora più essenziale per la costruzione della sua stessa identità, del sé, del suo modo di esistere. Naturalmente, non è che venga realmente meno la nostra esistenza, rimaniamo vivi e sentiamo di esserlo anche senza postarlo ed essere riconosciuti come tali attraverso i social network, ma qualcosa viene a mancare. E questo qualcosa è la “dignità” d’esistenza, più che l’esistenza stessa. Far esistere qualcosa (un’esperienza, una vacanza o un concerto) senza condividerla sui social oggi è come non averla fatta.      

Nel libretto che ho intitolato, appunto, Digito dunque siamo, parlo di tutti noi, di come i nostri comportamenti stiano cambiando a causa dell’utilizzo pervasivo dei media digitali. È in atto, che lo si voglia vedere o no, una vera e propria riprogrammazione emotiva che porta con sé gigantesche illusioni che vorrebbero farci credere che grazie all’iperconnessione a cui siamo costantemente esposti stia aumentando, con la possibilità di comunicare in ogni momento e in ogni luogo, anche l’empatia e la partecipazione tra gli esseri umani. Purtroppo non è così, perché, nella maggior parte dei casi inconsapevolmente, i nostri slanci di empatia e partecipazione sono subordinati al meccanismo egoriferito del social network, che ci premia a ogni nostro click o segno digitale che lasciamo online. Postare gli auguri sulla bacheca di un “amico” virtuale (il cui compleanno ci è stato prontamente ricordato da una notifica), firmare una petizione online o esprimere un’opinione sul fatto del giorno non ci rende più umani, nel senso di empatici e partecipi, ma solo più succubi di un ego che, per sentirsi vivo, ha sempre più bisogno di riconoscimento pubblico. Insomma, siamo diventati più narcisisti perché abbiamo trovato lo strumento ideale per manifestare questa tendenza, e al contempo abbiamo sottratto terreno alla nostra parte più “umana”, se con questo termine intendiamo la capacità di comprensione, di immedesimazione, l’altruismo. La magia del digitale è tuttavia quella di farci credere, dentro di noi, esattamente il contrario.

Eh sì, il digitale ci sta cambiando, cambia il nostro modo di pensare, sentire, comunicare, informarci, conoscere, volere. Cambia le nostre idee di felicità, di desiderio, di realizzazione. Riprogramma le nostre esistenze, donandoci una nuova identità scissa e continuamente ricomposta tra online e offline. Ma cambiare è normale, tutto cambia, sempre, in continuazione. Certo, sta a noi accogliere il cambiamento e valutarne gli effetti sulle nostre vite. E tuttavia ci è praticamente impossibile non cambiare insieme al mondo in quest’unica direzione che chiamo, provocatoriamente, “disumanizzante”. Se la storia imbocca una strada chi ha la forza di resisterle e cambiare, da solo, rotta? Parlando più concretamente: chi di voi può permettersi di non avere uno smartphone? Quasi nessuno.

Sapere che viviamo in un’illusione. È questa l’unica arma per resistere alla “disumanizzazione” digitale. 

 

Stefano Scrima

 

Scrittore e filosofo, ha analizzato gli effetti del digitale, e in particolare dei social network, sulla vita delle persone attraverso due saggi editi da Castelvecchi: Digito dunque siamo. Piccolo manuale filosofico per difendersi dalle illusioni digitali (2019) e Socrate su Facebook. Istruzioni filosofiche per non rimanere intrappolati nella rete (2018). Fra gli altri suoi libri: Filosofi all’Inferno. Il lato oscuro della saggezza (il melangolo, 2019); L’arte di soffrire. La vita malinconica (Stampa Alternativa, 2018) e Il filosofo pigro. Imparare la filosofia senza fatica (il melangolo, 2017).

[L’immagine di copertina del presente articolo è tratta dalla copertina del libro Digito dunque siamo. Piccolo manuale filosofico per difendersi dalle illusioni digitali (2019) su concessione dell’autore]

Gli ultimi articoli

RIVISTA DIGITALE

Vuoi aiutarci a diffondere cultura e una Filosofia alla portata di tutti e tutte?

Sostienici, il tuo aiuto è importante e prezioso per noi!