Le descrizioni deterministiche della natura umana, sia di carattere idealistico sia materialistico, tendono a spogliare l’oggetto esaminato di tutti gli attributi che appaiono superflui, mirando a svelare un nocciolo immutabile di caratteristiche, chiamato essenza, assolutamente peculiare deli oggetti dello stesso tipo, responsabile cioè di farli essere così come sono. La filosofia e l’antropologia occidentali hanno sempre dibattuto sulla natura umana, tendenzialmente presumendo che la nostra specie sia dotata di una certa essenza ma discordando sulla sua definizione.
Da questo punto di vista si possono vedere tentativi diversi del pensiero occidentale di individuare con precisione che cosa significa essere umani, sia da parte dell’idealismo e del materialismo ma anche del dualismo.
Altri pensatori però ritengono che gli esseri umani venano al mondo privi di una essenza precostituita e che l’appartenere alla specie umana sia il prodotto delle esperienze vissute e delle forme che ci imprimono le diverse forze con la quali ci confrontiamo durante l’esistenza.
Anche sulla natura di tali forze esterne però il dibattito è acceso: alcuni collocano queste forze materiali fuori da nostro corpo, nell’ambiente naturale che ci circonda. Al contrario altri, tra i quali i seguaci di Karl Marx sostengono che le forze capaci di plasmarci siano radicate nelle relazioni sociali, a loro volta plasmate dal modo di produzione dell’economia che regge la società. La posizione idealistica ritiene invece che gli esseri umani sì vengono al mondo privi di un’essenza precostituita ma si evolvono per effetto di idee, significati, credenze e valori caratterizzanti di una specifica società.
Tutte queste posizioni concordano con l’idea che l’essere umano sia una creatura duttile e passiva interamente plasmata da forze esterne, che siano l’ambiente, la società, la storia o a cultura.
Molti antropologi da tempo sostengono un altro punto di vista a proposito della condizione umana: l’olismo. Esso muove dall’assunto che non esistono confini netti a separare la mente dal corpo, il corpo dall’ambiente, l’individuo dalla società, le mie tradizioni dalle altre e così via; viceversa l’olismo asserisce che tutti questi elementi si compenetrano a vicenda o addirittura si definiscono reciprocamente.
Tradizionalmente l’olismo consiste nell’affermare che il tutto è maggiore della somma delle sue parti, i singoli esseri umani non sono definibili esclusivamente sulla loro base genetica, ma gli esseri umani sono quelli che sono per il reciproco plasmarsi di geni, di cultura, di esperienze, vivendo all’interno di una società e all’interno del mondo, a contatto con diverse culture e con diverse tradizioni.
In modo analogo, una società non si limita ad essere semplicemente la somma dei suoi singoli membri, e nemmeno una tradizione culturale è un elenco di credenze, usanze, valori e pratiche, ma derivano da configurazioni modellate dal corso della storia e dalla loro trasmissione.
Per Clifford Geerz, noto antropologo statunitense, affinchè gli esseri umani sviluppino quella che riconosciamo come la loro natura umana, o essenza umana, è necessario che essi vivano un’esistenza sociale e condividano una cultura. La visione che meglio definisce le relazione tra le parti di un insieme è chiamata coevoluzione, per la quale gli individui umani, il loro ambiente fisico e le loro pratiche simboliche si codeterminano a vicenda, e con il trascorrere del tempo posso a loro volta coevolversi.
La posizione coevolutiva genera una natura immersa in un mondo più vasto e profondamente plasmato dalla cultura, l’essere umano è incorporato nel mondo e questo ci permette di essere da un lato vulnerabili, ma dall’altro di sviluppare capacità e proprietà più aperte, simboliche e creative nella risposta agli eventi esterni.
L’uomo è produttore di cultura, ma allo stesso tempo la cultura è il suo prodotto.
Clifford Geerz
Elena Casagrande
[Immagini tratte da Google Immagini]