Vivo in falsetto per far trasparir
le poche gioie ch’ ò graziosamente
sì d’allietare gli amici e la gente
con gentilezze, sorrisi e bel dir.
Naturalmente per distribuir
assieme ambrosia e finezza, sovente
lo studio riempie le ore mie lente
e le note moderne ho da fuggir.
Ma che fatica tener questa voce
in tensione: sottile com’è rischia
sempre che un lieve sussulto l’infranga;
e qui sta la mia sfida e la mia croce
perché ho giù nella pancia folle mischia
feroce e di ruggiti una valanga.
Zaccaria Bellotto
In Zaccaria Bellotto prima della poesia c’è l’esistenza . Un’esistenza che è regolamentata da una scelta: “Vivo in falsetto…”. Un’esistenza che tende verso una perfezione classica che non deve essere interrotta: “e le note moderne ho da fuggir”.
E la poesia? La poesia analizza l’individuo e spiega quel che l’individuo non può dire altrimenti. È con la poesia che emergono le debolezze, le forze inconsce che lo agitano: “perché ho giù nella pancia folle mischia/ feroce e di ruggiti una valanga.”
E dopo la poesia? C’è la riflessione: perché le debolezze ostacolano la perfezione della ragione? In effetti prima o poi la concentrazione è destinata a calare, distogliendo la nostra attenzione dall’obbiettivo prefissato, dalla nostra scelta consapevole, per lasciare spazio all’inconscio.
Perché? Perché la ragione non possiede capacità esplorative, non fornisce nuove vie, nuove idee. La ragione controlla, calcola, chiarifica. L’inconscio L’EUREKA! L’inconscio, mi sia permesso, è il dio che fa parlare Socrate.
“…se mi stacco
dal distacco
tornerà a riempirmi
la sabbia scartata.”
Gianluca Cappellazzo
[immagini tratte da Google Immagini ]